Guida a Orizzonti: i cortometraggi e mediometraggi

Doug Aitken, House (Usa)

Una tipica casa borghese nella periferia bene di una città americana si fa docilmente abbattere da un braccio meccanico, mentre al suo interno siede impassibile una coppia di mezza età (i propietari, dei fantasmi?), assorti nei ricordi della vita che è passata tra quelle fragili mura.

Il californiano Doug Aitken è uno degli artisti contemporanei più interessanti e acclamati, noto in particolare per le sue gigantesche video installazioni pubbliche, come la celebre Sleepwalkers presentata sulle facciate del MoMA di New York nel 2007, o Frontier, progettata per l’Isola Tiberina a Roma nell’ambito della terza edizione del progetto Enel Contemporanea, nel 2009. A partire dai primi anni ’90 le sue opere sono state esposte nelle più importanti gallerie, musei e eventi dedicati all’arte contemporanea.

http://www.dougaitkenworkshop.com

Victor Alimpiev, Slabyj Rot Front (Weak Rot Front) (Russia)

Uno spazio vuoto e disadorno accoglie una decina di corpi che si muovono obbedendo a una logica comune che sfugge ogni norma. Volti, mani, braccia, gambe parlano un linguaggio nuovo. I performer in scena, sfiorandosi, toccandosi, ridisponendosi di continuo in nuove figure, sembrano i membri di una comunità utopica in cui il corpo reinventa i propri bisogni e sintomi. Udiamo solo minimi rumori di contatto tra i corpi, mentre quei gesti sospesi sono messi in scena da un montaggio tanto implacabile quanto quello di un ipercinetico action-movie.

Victor Alimpiev è nato a Mosca nel 1973. È uno dei protagonisti principali della videoarte russa contemporanea, movimento recentemente celebrato da mostre e retrospettive in tutto il mondo. I suoi video, che spaziano tra le diverse discipline artistiche, sono presenti nelle collezioni di importanti musei internazionali tra cui il museo d’Arte Moderna di Mosca, il Tate Modern e il Centro Pompidou. Nel 2005 ha partecipato al 37. Festival del Teatro della Biennale di Venezia dirigendo lo spettacolo We’re Talking About Music.

Yuri Ancarani, Il Capo (Italia)

La laboriosa costruzione di una delicata fiducia reciproca ha permesso all’artista italiano Yuri Ancarani di filmare il lavoro dei cavatori di marmo sull’Appennino di Carrara. Il paesaggio e la forma della montagna si trasformano sotto i nostri occhi, frutto di un’armonica coreografia tra i misteriosi gesti codificati del cavatore e i movimenti delle macchine pesanti che, al suo comando, aggrediscono la roccia.

Yuri Ancarani, nato a Ravenna nel 1972, è un artista visivo, regista e docente di videoarte alla NABA – Nuova Accademia di Belle Arti – di Milano e all’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Le sue mostre più recenti si sono tenute alla N.O. Gallery di Milano, alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone e nell’ambito di Videoart Yearbook09, Bologna.

http://www.yuriancarani.com

Mauro Andrizzi, En el futuro (Argentina)

Un inclassificabile (finzione, documentario?) film a episodi, fulminanti e paradossali racconti morali sulle forme dell’erotismo e della sessualità contemporanea.

Nato nel 1980, Mauro Andrizzi ha studiato alla Scuola Nazionale di Cinema di Buenos Aires, dove si è diplomato nel 2001 con il corto Rain. Ha diretto il corto Color and Pixel (girato nel Museo di Storia dell’Arte di Vienna), il documentario Mono (2008) e Iraqi Short Films (2008), una compilation di video girati (quasi sempre servendosi di un telefonino) da soldati della coalizione in Iraq, che ha ottenuto un notevole successo internazionale.

 

Martin Arnold, Shadow Cuts (Austria)

Pluto e Topolino a letto insieme. A volte nel buio. Ridono, ossessivamente.

Nato a Vienna nel 1959, Martin Arnold è uno dei maggiori esponenti della corrente  del cinema sperimentale legata alla pratica found footage. Passage à l’acte (1993) usa alcuni secondi del  film To Kill a Mockingbird (Il buio oltre la siepe, Robert Mulligan, 1962) per creare una strana storia di tensioni e aggressioni all’interno di una famiglia americana. Alone: Life Wastes Andy Hardy, (1998) fa uso di girato con Mickey Rooney nei panni di Andy Hardy, protagonista delle popolari serie di commedie americane anni ’40.  “Il cinema di Hollywood è un cinema dell’esclusione, della riduzione, della negazione, un cinema della repressione. C’è sempre qualcosa dietro ciò che è rappresentato che non viene rappresentato. E questo è esattamente ciò che è più interessante considerare” (Martin Arnold).

Guillermo Arriaga, El Pozo (Messico)

Le tragedie di una rivoluzione (qui quella messicana del 1910) non sono sempre questione di grandi battaglie o movimenti di folla. Basta un episodio, di quelli che  “la Storia” dimentica, per esprimere il dolore di un popolo, come si vede nei racconti del più grande romanziere messicano moderno  Juan Rulfo.

Guillermo Arriaga è senz’altro uno dei migliori narratori della “nuova” letteratura sudmericana. Tra le sue opere più celebri Il bufalo della notte, un grande romanzo sulla vita ai margini della società e sulla violenza dell’amore, Un dolce odore di morte e Pancho Villa e lo Squadrone Ghigliottina oltre alla raccolta di racconti Retorno 201 (2003), scritta quando aveva solo 24 anni. Mentre lavora come docente universitario conosce il regista Alejandro González Iñárritu, con il quale instaura un vero e proprio sodalizio artistico a partire da Amores Perros (2000). La collaborazione prosegue con 21 Grams (2003), Nel 2005 scrive Le Tre Sepolture, premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes. Del 2006 è Babel, terza collaborazione con Iñarrítu, L’esordio alla regia di un lungometraggio avviene nel 2008 con The Burning Plain, in concorso alla 65. Mostra di Venezia.

Nuntanat Duangtisarn, Woman I (Tailandia)

Prendendo spunto da un omonimo quadro di William de Kooning, collage di archetipi del femminile, il giovane Nuntanat Duangtisarn ritrae il regista Nop intento a realizzare un film sulle donne della sua vita. In un’architettura di sapiente ambiguità semantica, la posizione dell’uomo in questa costellazione di donne è messa in discussione: astro al centro dell’universo o satellite che vive della luce del loro sguardo?

Studente dell’Istituto di Tecnologia Lardkrabang intitolato al Re Mongkrut (King Mongkut’s Institute of Technology Lardkrabang) di Bangkok, Nuntanat Duangtisarn (1987) ha realizzato Woman I come suo corto di diploma.

 

FLATFORM, Non si può far nulla contro il vento (Italia)

Una serie di sequenze di paesaggi ripresi in uno spazio di 60 chilometri compongono  mosaici di luoghi e assi di riferimento in continua trasformazione e che non esistono nei nostri dintorni. In questo video  i corpi non sono vicini o lontani. Sono grandi o piccoli. Gli orizzonti cambiano e nessuno spazio è indipendente da chi lo guarda. Incorporando solo memoria,  il paesaggio è visto a velocità diverse che applicano una logica corporale alla visione.

Flatform è un gruppo di artisti fondato a Milano con sede a Milano e Berlino. Il lavoro del gruppo si sviluppa attraverso video installazioni e installazioni mobili. Le loro opere sono state presentate in festival cinematografici, mostre e musei come il Centre Pompidou di Parigi e il Wexner Center for the Arts di Columbus (Ohio).

Vincent Gallo, The Agent, (Stati Uniti)

Dolcezza, aggressività, paternalismo, seduzione, disagio, rabbia, ipocrisia, di nuovo dolcezza… Un agente si rivolge al suo cliente, un tipo non facile. Interpretato da Sage Stallone, figlio maggiore di Sylvester Stallone.

Artista eclettico, protagonista di numerosi film indipendenti, Vincent Gallo (Buffalo, 1961), è un attore, regista, produttore, pittore, musicista e modello di origine italoamericana. Ha lavorato, a partire dagli anni Ottanta, come artista figurativo a New York. Buffalo ’66 (1998) rappresenta la sua opera più significativa, nelle vesti di sceneggiatore, regista ed attore. Già nel cast di Quei bravi ragazzi (1990), ha interpretato anche film manstream come La casa degli spiriti (1993), Get Well Soon (2001) e Segreti di famiglia (2009). Il suo lungometraggio di debutto Buffalo 66 (1998), presentato in concorso al Festival di Sundance, l’aveva subito importo all’attenzione internazionale come uno dei nuovi nomi importanti del cinema indipendente USA. Promises Written in Water, il suo terzo lungometraggio (in concorso a Venezia 67.) è stato realizzato sette anni dopo il suo ultimo film come regista, lo “scandaloso” The Brown Bunny (2003), presentato in concorso al Festival di Cannes.

 

Hund & Horn, Mouse Palace (Austria)  

Immaginate la vostra vita (di coppia, di famiglia) o la vostra infanzia. Ricordate le scenate a casa, quando a volte volano i piatti. Ricordate la durezza e la drammaticità del quotidiano. In pochi minuti di grande virtuosità tecnica, tutto ciò viene incarnato da famiglie di veri topolini in un microscopico (e commestibile) appartamento. Lo invadono, ci si scontrano, amano, dormono, e naturalmente lo distruggono.

Harald Hund e Paul Horn (nati in Austria rispettivamente nel 1967 e 1966) hanno lavorato assieme su progetti video per diversi anni. Tre dei film che hanno realizzato appartengono alla Wohnserie, iniziata nel 2002 con Tomato Heads, che documentava la vita di tutti i giorni di una coppia. Questo primo lavoro è stato fonte d’ispirazione per Dropping Furniture (2008), nel quale oggetti e mobili cadono da ogni dove, all’interno di una stanza vuota. Per Mouse Palace, un vero appartamento è stato ricostruito in scala 1:10 affinché potesse essere “abitato” dai ratti.

 

Chaisiri Jiwarangsan, Nok Ka Mhin (Four Seasons) (Tailandia)

Una giovane donna si rilassa in riva al fiume, mangiando un mango. Una canzone, una corsa in motocicletta, una preghiera, un cantiere; luoghi e attività ordinari di lavoro e riposo di una migrante. Come si determina la ‘natura’ di uno spazio e come ci si appropria di esso allorché si è lontani da casa e non ci si può sentire a casa?

Uno tra i più stretti collaboratori di Apichatpong Weerasethakul (Palma d’oro a Cannes 2010), Chaisiri Jiwarangsan (1983) si è creato una reputazione nella scena artistica tailandese grazie al suo lavoro come fotografo e artista visivo. Le sue opere, sospese tra documento e rielaborazione espressiva di luoghi e memoria hanno sempre incontrato l’interesse di due circuiti paralleli, quello delle gallerie d’arte e quello dei festival cinematografici.

 

Isaac Julien, Better Life (Regno Unito)

Il punto di partenza è la tragedia della Baia di Morecambe: nel 2004, 23 raccoglitori cinesi di frutti di mare perirono annegati, sorpresi dalla marea mentre compivano il loro lavoro al nero. Il punto di arrivo: un poema visivo che intesse passato e presente (anche cinematografici: evidente la sfida nei confronti di Tsui Hark e Wong Kar-wai) della Cina. Con una specialissima partecipazione di Maggie Cheung. Dalla sua installazione per nove schermi (Shanghai e Sydney, maggio 2010), un vero e proprio film con dialoghi e testi scritti dal poeta Wang Ping (e con le straordinarie “calligrafie a vista” di Gong Fagen).

L’artista e filmmaker inglese Isaac Julien è nato nel 1960 a Londra, dove vive e lavora. In seguito agli studi alla St Martin’s School of Art, ha fondato il Sankofa Film and Video Collective, attivo dal 1983 al 1992. Protagonista della nuova scena cine-video britannica (e non solo), nei suoi film e installazioni video Julien manifesta un costante interesse verso le diverse discipline artistiche di cui si nutre la sua pratica: fotografia, danza, cinema, musica, teatro. Nel 1991 ha vinto il premio della Semaine de la Critique al festival di Cannes con Young Soul Rebels, nel 2001 è stato nominato al Turner Prize. Tra le sue opere cinematografiche più celebri (molte hanno potuto godere di una distribuzione internazionale, in sala e in video): Looking for Langston (1989), Frantz Fanon: Black Skin, White Mask (1996), The Long Road to Mazatlán (1999) e Vagabondia (2000). Nel 2008 ha firmato insieme a Tilda Swinton il documentario Derek dedicato alla memoria del cineastea Derek Jarman, di cui è stato amico e sodale. Oltre che a Documenta XI a Kassel, che nel 2002 ha ospitato la sua installazione video Paradise Omeros, ha esposto le sue opere in mostre collettive e retrospettive presso, tra gli altri, Centre Pompidou, MoCA Miami, Tate Modern e Guggenheim Bilbao.

 

Rustam Khamdamov, Brilianty (Diamonds) (Russia)

Una spilla di diamanti rubata, una storia d’amore tra ballerine e una radio magica. Diamonds mette in scena la poesia del film muto all’interno di un sogno cinematografico contemporaneo.

D’origine uzbeca, Rustam Khamdamov ha studiato cinema con Grigori Chukhrai. Pittore e disegnatore esposto in tutt’Europa, si conquista con il suo film di diploma V gorakh moie serdtse (1967) l’ammirazione di numerosi cineasti, da Kira Muratova a Paradjanov, da Federico Fellini a Luchino Visconti. Dopo l’interdizione e la distruzione parziale di Accidental Joys (Nechaiannye radosti, 1972), completa nel 1991 il suo Anna Karamazova con Jeanne Moreau. Del 2005 è Vokalnye paralleli (Voci parallele). La natura particolare del suo talento, che ritrova con libertà e humour la poetica del cinema muto, l’ha portato a diventare uno degli autori “segreti” più amati dai cinefili.

 

Korpys/Löffler, Atom (Germania)

In Germania un gruppo di ecologisti protesta contro le scorie nucleari. La polizia li tiene sotto osservazione. Che significa «vedere» un evento del genere? Sotto terra, invisibili, le scorie. In superficie, un balletto di apparati istituzionali e manifestanti.  Ci si scambia delle parole, parlano anche i poliziotti…La realtà costruita dalla messa in scena smantella le costruzioni mediatiche e la loro pretesa di verità.

Andree Korpys e Markus Löffler vivono rispettivamente a Berlino e a Brema. Dal loro debutto negli anni ’90, le loro opere complesse mescolando installazione, disegno, video e fotografia, propongono dei racconti alternativi ai diktat dei media e delle immagini ufficiali. Balletti di limousines attorno a monumenti istituzionali (World Trade Center, United Nation, Pentagon), ubiquità della sorveglianza, manifestazioni, dettagli non-spettacolari e nati dal caso (Nuclear Football): così si svela il modus operandi dei poteri. Nel 2008 hanno partecipato a Manifesta7 con il video Villa Feltrinelli, sulla residenza sul Lago di Garda già quartier generale della Repubblica Sociale Italiana, poi appartenuta a Giangiacomo Feltrinelli e set di Salò o le 120 Giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini. Con il loro lavoro precedente Gesang der Jünglinge hanno recentemente vinto il premio per il miglior film tedesco al International Short Film Festival Oberhausen 2010.

Clara Law, Chi Di (Red Earth) (Hong Kong)

Un manager giunge a Hong Kong per incontrare una ragazza conosciuta un mese prima. La cerca nella stanza di un albergo, sperando di ammirare lo splendido tramonto di cui lei gli aveva parlato. Ma, per qualche strano motivo, lui non sa più riconoscere il volto della ragazza. Da questo momento in poi, accadranno una serie di eventi molto strani…

Clara Law è nata nel 1957 a Macao, Cina. Tra i suoi film più apprezzati si ricordano Zaijian Zhongguo/Farewell China (1990), premio speciale della giuria al Festival di Torino, e Qiuyue/Autumn Moon (1992), Pardo d’oro a Locarno. Con Yòu se?ng/Le tentazioni di un Monaco, 1993) è in concorso alla 50. Mostra di Venezia, così come con Goddess of 67/La dea del ’67 nell’edizione del 2000, il film che consacra l’attrice Rose Byrne, che vince la Coppa Volpi. Clara Law tornerà a Venezia nel 2004 con Letters to Aziz presentato nella sezione Cinema Digitale.

Armin Linke, Francesco Mattuzzi, Future Archaeology (Italia)

Qualunque sarà il destino del conflitto sui territori palestinesi, va considerata la possibilità di una completa o parziale evacuazione delle colonie e dell’architettura dell’occupazione israeliana. Le aree che in Palestina sono o saranno liberate dalla presenza israeliana rappresentano un laboratorio in cui ri-immaginare le funzioni dell’urbanistica e dell’architettura, liberate dal potere e dal controllo che le hanno caratterizzate. Linke e Mattuzzi realizzano un film-saggio in 3D, tra politica e architettura, sul concetto di “decolonizzazione”, esplorando il territorio e la sua cultura, raccogliendo casi e testimonianze.

Armin Linke è un artista italiano, è nato nel 1966, vive e lavora tra Milano e Berlino. Lavorando tanto con la fotografia come con le immagini in movimento, combina l’uso di diversi media per esplorare il confine tra realtà e finzione, in una serie di progetti di ricerca multi-disciplinari sulle attività umane e le trasformazioni del paesaggio contemporaneo.

http://www.arminlinke.com

Nato a Varese nel 1979, Francesco Mattuzzi vive e lavora a Milano. Antropologo e artista, la sua ricerca personale è focalizzata sull’analisi dei gruppi sociali contemporanei e la loro produzione culturale di immagini.

http://www.francescomattuzzi.com

 

Bertrand Mandico, Lif og daudi Henry Darger (The Life and Death of Henry Darger) (Francia)

L’artista “brut” Henry Darger percorre le strade dell’Islanda per sapere quanto tempo gli resta da vivere. “Ti restano due ore” gli dirà una misteriosa donna dalla pelle blu incontrata lungo la strada.

Nato nel 1971 a Tolosa, Bertrand Mandico si è laureato alla scuola d’animazione Gobelins di Parigi. Tra le sue produzioni audio-visive ci sono circa 40 cortometraggi, più diversi spot per la TV e video musicali. Si è anche interessato alla promozione e alla riscoperta di cineasti “dimenticati”, tra cui Walerian Borowczyk.

 

Jesse McLean, Magic for Beginners (Usa)

Il mash-up e il collage di materiali video eterogenei, dal web, social network e vecchi VHS, sono la base della produzione della videoartista statunitense Jesse McLean. Accompagnato da una scelta di illuminanti citazioni warholiane sulla Tv, il cinema e i media, questo video come i suoi precedenti mette al centro il confuso rapporto tra identità e post-realtà, esperienze dirette e mediate dai nostri consumi culturali.

Le opere video di Jesse McLean sono motivate da una profonda curiosità per il comportamento e le relazioni umane, osservati attraverso il consumo, abuso e la proliferazione delle immagini televisive. Si interessa al potere e all’incapacità dei media nel creare sentimenti ed esperienze condivise, chiedendo costantemente allo spettatore di abbandonare la posizione sicura di osservatore per partecipare ai suoi esperimenti. I suoi video sono distribuiti da Video Data Bank. Vive e lavora a Chicago. http://jessemclean.com

 

Galina Myznikova, Sergey Provorov, Voodushevlenie  (Inspiration) (Russia)

Lungo un fiume e le sue rive si muovono compatte, a testa bassa, misteriose figure umane. I colori dei loro abiti si confondono con il verde dei cespigli e il marrone limaccioso dell’acqua e del fango. Gesti e coreografie tra i loro corpi e gli elementi della natura scandiscono lo scorrere lento del tempo. Potente, inquietante e indecifrabile, con una straordinaria cura tecnica e formale, il nuovo video della coppia di artisti russi Myznikova e Provorov (insieme si firmano Provmyza) è un nuovo capitolo nella loro creazione una dimensione primitiva o apocalittica, in cui l’umanità e i suoi rituali sembrano tornare visibili per la prima volta, e Uomo e Natura celebrano il rituale della loro riunione.

Il duo artistico Provmyza è stato creato nel 1998 da Galina Myznikova (1968) e Sergey Provorov (1970). Entrambi nati a Gorky in Unione Sovietica, vivono e lavorano oggi a Nizhny Novgorod, Russia. Provmyza è attivo in diversi ambiti dell’arte contemporanea, e utilizza forme di espressione e media ibride: performance, scultura, fotografia, video. I loro film e video sono stati presentati e premiati in numerosi festival e istituzioni culturali internazionali, e sono parte di diverse collezioni. Nel 2005, con il progetto “Idiot Wind”, Myznikova and Provorov hanno rappresentato la Russia alla 51a Biennale d’Arte di Venezia.

http://www.provmyza.ru

 

Manoel de Oliveira, Painéis de Säo Vicente de Fora, Visäo Poética (The Panels of Säo Vicente de For a, A Poetic Vision (Portogallo)

Cortometraggio dedicato ai pannelli del Monastero di São Vicente de Fora di Lisbona, opera attribuita al pittore portoghese del IV secolo Nuno Gonçalves che ritrae le principali figure della società portoghese dell’epoca (clero, nobiltà e popolo) e considerata la vetta più alta dell’arte portoghese antica.

Nato nel 1908 in Portogallo, de Oliveira è considerato il più grande regista portoghese vivente e uno dei più importanti cineasti nella storia del cinema europeo. Nel 1999 vince il Premio della Giuria (Prix du Jury) al festival di Cannes col film La Lettera. Nel 2004 riceve il Leone d’Oro alla carriera alla Mostra di Venezia, festival a cui ha partecipato in numerose occasioni, presentando molti dei suoi film. È stato inoltre insignito di una lunga serie di premi speciali per il valore complessivo della sua opera in festival quali Berlino, Montréal, Tokyo e Locarno. La sua ultima opera, O estranho caso de Angélica, è stato presentato a Cannes 2010 nella sezione Un Certain Regard.

David OReilly, The External World (Germania)

Esilarante, folle e scorretta commedia sperimentale realizzata in animazione digitale, nello stile già diventato celebre del giovanissimo grafico e regista David OReilly, qui al suo film più ambizioso. Tutto inzia con un impacciato bimbo alle prese con uno spietato insegnante di pianoforte, poi il film in pochi minuti minuti attraversa freneticamente dozzine di situazioni e contesti, in cui fenomenali personaggi (uomini, animali, pupazzi, mostri e quant’altro) si affollano in un universo dove regnano l’assurdo e il surreale. Il film è ispirato a una riflessione sulla violenza nel mondo dei cartoni animati, di cui diventa l’ennesimo e terminale capitolo.

David OReilly, artista, illustratore e animatore, nato in Irlanda nel 1985, ha vinto l’Orso d’oro per il cortometraggio alla Berlinale del 2009 con Please Say Something, uno dei corti più visti, acclamati, premiati e cliccati di sempre. I suoi lavori, vere saghe organizzate in brevi episodi, che vedono spesso protagonisti strani animali, rifondano l’animazione ricorrendo ad un uso apparentemente brutale e naif, in realtà sofisticatissimo, della grafica e dell’animazione digitale più avanzate. In seguito al fenomenale successo nei festival e sul web di Please Say Something gli U2 hanno commissionato a OReilly il videoclip del brano I’ll Go Crazy If I Don’t Go Crazy Tonight (2009).

 

Laila Pakalnina, Pa Rubika Celu (On Rubiks’ Road) (Lettonia)

La strada di Rubik è una pista ciclabile che collega le città di Riga e J?rmala, in Lettonia. La regista si sofferma a filmare le persone che passano per questa strada, corridori, ciclisti, gente a passeggio, ma anche cani, uccelli, treni che passano lì vicino e aerei che attraversano il cielo.

Laila Pakalnina è una regista lettone, 1962. Il suo primo documentario, And, è del 1988, mentre i lavori Primis e Pasts vengono presentati entrambi nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes del 1996. L’esordio nel lungometraggio avviene nel 1998 con The shoe, anch’esso presentato a Cannes. Nel 2001 Pakalnina partecipa alla 49. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia con l’opera video Documentario Papagena. Nel 2003, è in concorso nella sezione “Controcorrente” alla 60. Mostra di Venezia col film Pitons. Il corto The water partecipa in concorso al Festival di Berlino del 2006, mentre Klusums (Silence) è in competizione a Cannes del 2009, nella sezione cortometraggi.

Rafael Palacio Illingworth, Man in a Room (Usa)

Fulminea, spietata e ironica cronaca della giornata di un uomo chiuso in una stanza, alle prese con appetiti, dubbi e presenze impreviste, adattamento per lo schermo di un breve fumetto dell’artista e illustratore scozzese David Shrigley. Uno dei più corrosivi ritrattisti dell’alienazione contemporanea, Shrigley ha pubblicato oltre 20 libri, diretto nel 2005 il film d’animazione di culto Who I Am and What A Want, contribuito con i suoi disegni alle pagine di The Guardian e ai videoclip di artisti come Blur, ed è stato celebrato da mostre monografiche in musei come il Museum Ludwig di Colonia, Malmö Konsthall e UCLA Hammer Museum di Los Angeles.

Nato a Mexico City nel 1978, Rafael Palacio Illingworth è cresciuto tra Messico e Colombia. Si è recentemente laureato all’American Film Institute Conservatory di Los Angeles. Man in a room è il suo quarto cortometraggio.

Arnaud des Pallières, Diane Wellington (Francia)

Ballata americana: un giorno, Diane Wellington sparì, e tutti, nella sua cittadina del Dakota, si chiesero dove fosse andata.

Quando era studente di cinema, Arnaud des Pallières invitò Gilles Deleuze a tenere una conferenza. In quell’occasione realizzò Gilles Deleuze : Qu’est-ce que l’acte de Création? (1988). Negli anni seguenti des Pallières ha diretto diversi cortometraggi tra cui : La Mémoire d’un Ange (1989), Avant Après (1993), Les Choses rouges (1994). Il suo primo lungometraggio è Drancy Avenir (1996), inchiesta storica, poetica e filosofica sullo sterminio degli ebrei a Parigi. Realizza in seguito due mediometraggi per la televisione : Is Dead (Portrait Incomplet de Gertrude Stein) (1999), ispirato ai testi autobiografici scritti dalla stessa Gertrude Stein e Disneyland, mon vieux pays natal (2001). Il suo secondo lungometraggio è Adieu, del 2004, con Michael Lonsdale, Aurore Clément, Laurent Lucas et Olivier Gourmet. Parc (2007) , adattamento di un romanzo di John Cheever, è il suo terzo lungometraggio, presentato nella sezione Orizzonti della 64. Mostra di Venezia. Arnaud des Pallières è anche sceneggiatore e montatore dei suoi film.

Jean-Gabriel Périot, Les Barbares (The Barbarians) (Francia)

Il nuovo video di Périot condivide la scottante attualità delle news televisive, ma è il prodotto di un sguardo radicalmente altro sulla cronaca delle tensioni sociali ed economiche recenti. Composto esclusivamente di immagini fotografiche prese dalla rete, è un apologo politico sulla fine delle oligarchie e l’urgenza del cambiamento.

Jean-Gabriel Périot è nato in Francia nel 1974. Realizza cortometraggi al confine tra documentario, animazione e sperimentazione. Le sue ultime opere, tra cui Dies Irae, Even if she had been a criminal… e 200000 fantômes sono state presentate in numerosi festival internazionali. Con L’Art Délicat de la Matraque (2009) partecipa al 46ma edizione del festival di Pesaro.

 

Sasha Pirker, The Future will not be capitalist (Austria)

Ritratto elegante e ironico della sede del Partito comunista francese disegnata (all’epoca gratuitamente per i compagni) dal grande architetto brasiliano Oscar Niemeyer. Le riprese del palazzo, degli spazi e delle poche persone che oggi li frequentano (il partito ha finito i soldi) vengono commentate da un’intervista con il gestore del palazzo. Saggio sull’architettura, la storia e la politica, film moderno sulla capacità ad interrogare il reale per conoscerne la storia.

Nata a Vienna nel 1969, Sasha Pirker ha studiato linguistica ed architettura. Organizza mostre di arte contemporanea e realizza cortometraggi, spesso legati alla storia dell’architettura e del design, come John Lautner, The Desert Spring Hotel (2007), Angelica Fuentes, The Schindler House (2008), Once At Miracle Mile (2009), presentati in numerosi festival e manifestazioni artistiche europei.

 

 

 

 

Luiz Pretti, O mundo é belo (Brasile)

Una riflessione sulla vita e sulla sua sfuggevolezza, ma anche un’opera che indaga su quel sentimento misterioso che tiene aggrappati alla vita. Un sentimento che forse si chiama amore, o che forse non ha un nome, e che ha la propria origine nel primo, innocente contatto che ogni individuo ha con la bellezza, in qualunque sua forma.

Luiz Pretti è nato in Brasile il 22 gennaio del 1982, lavora come regista e produttore. Dal 2006 ha fondato Alumbramento, un progetto che promuove l’arte nella città di Fortaleza. Tra le sue opere, i cortometraggi Azul (2007), Cineasta bom é cineasta morto (2007) e Cartaz (2008). Nel 2009 ha realizzato il lungometraggio Rumo e, nel 2010,  Estrada para Ythaca.

Nicolas Provost, Stardust (Belgio)

Che sta succedendo stasera a Las Vegas? Cosa controlla il croupier del casino? Cosa guarda il passante che incrocia John Voigt, Dennis Hopper et Jack Nicholson? Segni di una catastrofe imminente incombono tra le luci multicolori della capitale del gioco d’azzardo.

Nicolas Provost, videoartista e cineasta, vive in Belgio. È stato premiato al Sundance Film Festival, a Rotterdam, Locarno e Vienna. I suoi corti e mediometraggi interrogano la memoria collettiva del cinema e le relazioni tra arti visive ed esperienze cinematografiche. Tra i suoi lavori più conosciuti Pommes d’Amour (2001), Bataille (2003), Papillon d’amour (2003), che ha ricevuto numerosi riconoscimenti in festival internazionali. Il suo primo mediometraggio è del 2003, Exoticore.

 

SJ Ramir, Cold Clay… Emptiness (Nuova Zelanda)

Un beat elettronico si trasforma in un battito umano che è della terra e di un uomo che cammina. L’erba è sghemba, il suo colore è acceso, l’immagine frigge. Una figura raggiunge una casa isolata e poi vi fa ritorno. Condotti sul limite dell’occhio, tutto si fa imperscrutabile.  

SJ Ramir, videoartista neozelandese, vive a Melbourne. Molti dei suoi lavori esplorano la connessione, tra paesaggio fisico ed esterno e paesaggio mentale. Ha esordito nel 2005 con i video Music Box e Tenderbox.

Emily Richardson, The Futurist (Regno Unito)

Girato all’interno di un cinema costruito negli anni ’20, e oggi come tanti altri a rischio di chiusura e trasformazione, The Futurist è il primo di una serie di film con i quali l’artista inglese Emily Richardson si propone di celebrare lo spazio e l’esperienza della sala cinematografica tradizionale. Un semplice (ma ingannatore) sguardo circolare esplora lo spazio del cinema, in un lavoro che trova proprio nel momento della proiezione sul grande schermo il suo senso compiuto, trasformando lo spettatore in performer, rispecchiando e sfondando lo spazio della visione.

Emily Richardson studia alla Middlesex University di Londra e poi all’Art Institute di San Francisco fino al 1996. Tra i suoi cortometraggi, Redshift (2001), Nocturne (2002), Aspect (2004), presentato ai festival di Londra e New York, Petrolia (2005), Cobra Mist (2008), invitato a numerosi festival internazionali tra cui quelli di Rotterdam e di Melbourne. Il suo penultimo lavoro è il cortometraggio Memo Mori (2009), realizzato in collaborazione con lo scrittore Iain Sinclair.

Roee Rosen, Tse  (Out) (Israele)

Politica e pratiche S&M: il film incendiario e inclassificabile di Rosen unisce due temi solo apparentemente senza nulla in comune, culminando in un rituale ideato dall’artista per liberare una giovane dallo spirito di Avigdor Lieberman, discusso politico ultra-conservatore, ministro degli esteri del governo israeliano, fondatore e leader del partito Yisrael Beiteinu, paragonato dalla stampa internazionale a Jeorg Heider e a Jean Marie Le Pen. Rosen rielabora la figura dell’esorcismo presente nella letteratura ebraica (il rituale del Dybbuk) come nel cinema horror, mentre il piacere erotico estremo e violento, diventa il più impensabile strumento di lotta politica contro razzismo e nazionalismo. Con un imprevedibile e commovente finale musicale.

Roee Rosen, nato nel 1963, è un artista, scrittore e regista israelo-americano. Insegna alla Bezalel Academy of Art di Jerusalem. I suoi dipinti, video e installazioni, dal carattere aggressivamente politico, sollevano abitualmente polemiche e reazioni, fin da quando la sua controversa opera Live and Die as Eva Braun venne esposta per la prima volta all’Israel Museum. Le opere di Rosen sono presenze costanti in festival come FIDMarseille e Oberhausen, e sono state parte di mostre e biennali di arte contemporanea, al Center for Contemporary Art di Tel Aviv, Herzliya Museum of Art di Gerusalemme, e a Manifesta7 (Kassel).

 

Josh e Ben Safdie, John’s Gone (Usa)

Dal suo appartamento disastrato, John da la caccia a scarafaggi, espelle ladri maldestri, commercia on-line le sue proprietà, litiga con la fidanzata e cerca rapporti poco plausibili con perfetti sconosciuti. Una tragicommedia di cliché newyorkesi, raccontata da un punto di vista off, come se fosse un sogno malinconico. Filmate con una vecchia telecamera del padre dei due registi-produttori, dettaglio che sottolinea ulteriormente la dimensione emotiva e personale del progetto, le riprese di John’s Gone sono state successivamente trasferite in pellicola e gonfiate, per ottenere il singolare effetto visivo retrò evidente fin dalle prime inquadrature, che contribuisce alla stratificata dimensione temporale che caratterizza il lavoro, in cui e-commerce e computer appaiono in un film di atmosfere prettamente newyorkesi che vanno dalla No Wave anni ’80 indietro fino agli esordi di Cassavetes.

Se Jean Vigo, John Cassavettes, Buster Keaton, Woody Allen a Charlie Chaplin avessero un figlio deforme sarebbe il nostro miglior amico”. Così si descrivono i giovani fratelli Safdie, da New York, autori di un cinema di strada (o d’appartamento) che flirta con il documentario e l’ipotesi di una new wave del secondo millennio. Attivi (quasi sempre insieme) nel corto del 2005 (The Avdentures of Slater Friend),  sono passati al lungo nel 2008 con The Pleasure of Being Robbed, presentato dalla Quinzaine des réalisateurs di Cannes, a cui ha fatto seguito Daddy Longlegs nel 2009.

 

SEMICONDUCTOR, Indefatigable (Ecuador)

Realizzato grazie al “Gulbenkian Galapagos Artists’ Residency Programme” che ospita artisti nelle isole Galapagos, il film mostra un team di lavoro che sta sezionando ciò che appare come un comune arbusto. Le immagini si soffermano sui metodi e le tecniche utilizzate durante tale processo. A metà tra il documentario scientifico e il lavoro di fiction, questo film parla dei metodi creati dall’uomo per leggere e interpretare il mondo che lo circonda.

Semiconductor, fondato nel 1997, è il frutto della collaborazione (video) artistica tra Ruth Jarman e Joe Gerhardt. Il loro lavoro esplora attraverso suono, immagini in movimento e installazioni multimediali, la natura materiale del mondo e l’esperienza che ne traiamo, interrogandosi sul nostro posto nell’universo. È stato esposto presso numerose istituzioni d’arte, tra cui La Biennale di Venezia, la Royal Academy di Londra e l’Hirshhorn Museum di Washington. I loro film sono stati proiettati in molti festival internazionali, tra cui Rotterdam, Edinburgo, San Francisco, Sydney e Clermont-Ferrand. Il DVD World in Flux, uscito nel 2007, raccoglie 5 anni della loro opera.

 

Sun Xun, 21 ke (21 G) (Cina)

21 G è la storia di un mago, l’unica professione al mondo per la quale raccontare bugie non solo è lecito, ma fa parte del “gioco”. Quest’audace allegoria politica (l’animazione sotto i 60’ non deve passare la censura di Pechino) è anche un film sull’esistenza. Un uomo alla ricerca di un valore e di un significato nella vita e di sistemi di riferimento che gli permettano di comprenderla. Ansioso di conoscere la verità, ne “sente” la presenza, ma non riesce mai a raggiungerla, perdendosi in un moto circolare, continuo e senza fine.

E’ nato il David Lynch cinese? L’enfant prodige dell’animazione cinese, il giovanissimo artista e cineasta Sun Xun (è nato a Fuxin nel 1980) utilizza per le sue complesse animazioni tecniche grafiche tradizionali nella creazione dei disegni di partenza (su tela, seta, carta, o direttamente sulle pareti degli spazi in cui allestisce le sue installazioni), che vengono poi animati con uno stile che richiama quello dell’artista sudafricano William Kentridge. I suoi lavori evocano spesso l’iconografia della Rivoluzione Culturale e del maoismo, riutilizzando materiali grafici originali, illustrazioni d’epoca e vecchi giornali. Vi ricorrono figure inizialmente misteriose, che film dopo film vanno a comporre la sintassi onirica e apocalittica di un discorso complesso sulla storia della Cina, che si spinge a fino a mettere in discussione la recente radicale trasformazione sociale, economica e tecnologica del suo paese. Un nome da non dimenticare: chi produrrà il suo primo lungometraggio cambierà il corso dell’animazione in Asia.

 

Elina Talvensaari, Miten marjoja poimitaan (How to Pick Berries) (Finlandia)

Visitatori provenienti da un posto lontano giungono nelle terre della Finlandia del Nord. Come comunicare con queste persone che raccolgono bacche? E perché queste persone si trovano qua? Il film è uno studio sulla mentalità finnica e sulle assurdità dell’economia globale.

Elina Talvensaari nasce nel 1978, studia regia di documentari alla Aalto University in Helsinki. How to pick berries è il documentario che ha realizzato in occasione della sua tesi di laurea. Nel 2008 ha diretto i documentari Palmu (Palm tree) e Näkymätön Käsi (Invisible Hand).

Oleg Tcherny, La linea generale (Francia)

Un inedito profilo architettonico della città di Venezia, progressivamente elaborato e destrutturato in digitale per assumere una consistenza puramente plastica e pittorica, fa da sfondo alla lettura di un visionario testo di Galileo Galiei, letto dalla voce del filosofo Giorgio Agamben. Due tesori storici della cultura italiana, il paesaggio di Venezia e le parole di Galileo, si sposano grazie ad un uso inedito delle più moderne tecnologie di elaborazione dell’immagine.

Oleg Tcherny è nato a Minsk, nell’attuale Bielorussia, nel 1971. Ha studiato cinema e arte in Francia e Germania. I suoi video sono una presenza costante negli spazi e festival europei più attenti alle produzioni di ricerca.

 

Peter Tscherkassky, Coming Attractions (Austria)

Il nuovo attesissimo film di uno dei protagonisti del cinema sperimentale contemporaneo guarda indietro nella storia del cinema, fino alle sue origini, a cui si ispira per affrontare il “riciclaggio” e la manipolazione delle pellicole archiviate da una casa di produzione di film pubblicitari, che Tcherkassky ha salvato dal macero. Chiuso per mesi nella sua camera oscura, lavorando esclusivamente con attrezzature ed effetti ottici, senza alcun uso del digitale, il maestro austriaco del found footage ha ribaltato il senso e l’effetto delle immagini originali, trasformando attori, modelli e prodotti negli inconsapevoli protagonisti di un nuovo racconto puramente visivo. Con una commovente sorpresa nel capitoletto finale, pensata e inserita proprio in vista della prima mondiale del film a Venezia.

I film e i lavori di Peter Tscherkassky fanno il giro del mondo da più di vent’anni. Figura determinante del cinema europeo d’avanguardia, programmatore, insegnante e teorico di arti contemporanee, ha vinto numerosi premi, in particolare per Outer Space (1999) e Dreamwork (2001). La sua serie CinemaScope nonché Instructions for a Light and Sound Machine (re-visione de Il buono, il brutto e il cattivo de Sergio Leone) sono state presentati alla Quinzaine des réalisateurs a Cannes.

Hannes Vartiainen, Pekka Veikkolainen, Erään Hyönteisen tuho (The Death of an Insect) (Finlandia)

In un paesaggio senza vita dove il tempo stesso ha fermato il suo lento strisciare, nei vuoti isolati di architetture urbane, tra i resti deformati di altri insetti, inizia un balletto folle. E una farfalla appena uscita dal bozzolo sta per morire.

Hannes Vartiainen. Nato nel 1980, ha studiato cinema al Polytechnic Stadia di Helsinki

Pekka Veikkolainen. Nata nel 1982 ha studiato grafica all’Università di Arte e Design di Helsinki. È animatore e illustratore dal 2000.

Insieme, nel 2009 hanno diretto insieme il loro cortometraggio di esordio Hanasaari A, primo esempio del loro particolarissimo approccio all’animazione e alla grafica digitali, che sposano con riprese dal vero per un effetto profondamente straniante di rappresentazione fantastica della realtà.

 

Atsushi Wada, Haru no shikumi (Mechanic of Spring) (Giappone)

Gli animali ci guardano. Vero o disegnato, il mondo animale si fa certo metafora di quello umano, ma sopratutto presenza che turba e inquieta, con un’ironia a volte crudele ma anche, spesso, divertente. Topolini che ci somigliano fin troppo nei comportamenti, insetti che sembrano sapere che ci sopravvivranno, orsacchiotti e conigli dei cartoni animati… tutti diventano, nelle mani degli artisti, figure del “troppo umano”. Un haiku surreale e poetico, in cui apparentemente infantili disegni a mano su carta diventano un esempio del cinema d’animazione nipponico più originale.

Atsushi Wada è un giovanissimo disegnatore e regista d’animazione giapponese, formatosi alla Tokyo University of the Arts. I suoi brevi, sorprendenti e personalissimi film sono stati presentati dai più importanti festival di cinema animato (Annecy, Zagabria) e non (Rotterdam, Image Forum).

Olivier Zabat, Fading (Francia)

Un istituto dove circolano due giovani guardiani notturni e un uomo, di quelli che s’usa definire « erranti ». Davanti ai nostri occhi come nel cuore dei personaggi, si presentano la paura, le visioni notturne, con l’aggiunta d’emozione e indignazione davanti a tutte le esclusioni.

Fotografo e cineasta, Olivier Zabat si è fatto conoscere in Europa per il suo lavoro documentario capace di mettere in scena l’incontro tra le problematiche globali e l’enigma dei destini individuali. 

Ishtiaque Zico, 720 Degrees (Bangladesh)

In un unico piano sequenza e due intere panoramiche circolari, un viaggio dello sguardo che mette in questione i rapporti umani e la nostra percezione della realtà. Un breve sorprendente lavoro che esplora i fondamentali del linguaggio visivo e sonoro, da un paese che per la prima volta avrà un cortometraggio alla Mostra del Cinema.

Ishtiaque Zico ha 27 anni e vive e lavora nella capitale bengalese Dacca. È diplomato in matematica, amante dei gatti, scrittore, regista, produttore – non necessariamente in quest’ordine.

http://www.ishtiaquezico.com

Georgios Zois, Casus Belli (Grecia)

Il crash economico greco, il passaggio dal sereno consumismo alla crisi, prendono la forma di una strana performance collettiva e raffinato esercizio formale, con protagonista principale un simbolico carrello della spesa colmo di ogni primizia, lanciato a tutta velocità contro le nostre vecchie abitudini.